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Home Page> PAGINE SINISTRA > Omelie festive > 22 ottobre 2023 - I Domenica dopo la Dedicazione
22 ottobre 2023 - I Domenica dopo la Dedicazione
Luca 24,44-49a

1. Gli “atti” degli apostoli

Gesù nel corso della sua apparizione nel cenacolo dice ai suoi di restare in città in attesa dello Spirito.
Fedeli a queste parole, i discepoli, di ritorno dai pressi di Betania, dove lo videro allontanarsi
nei cieli, rimasero in città, sino al giorno in cui fu pentecoste dello spirito.
Fu come se una energia nuova, inimmaginabile e incontenibile, li avesse rivestiti dall'alto.
Ora potevano uscire, era giunto il tempo della testimonianza nel mondo.
Luca chiude un libro, il suo vangelo. E subito ne apre un altro, gli "Atti degli apostoli".
Agli atti di Gesù seguono gli atti degli apostoli, gli atti dei "mandati", così che noi possiamo sapere
che ne è stato, agli inizi, di quell'invito di Gesù a uscire, ad essere testimoni nel mondo.
Nelle sue ultime parole Gesù, dopo aver ricordato ai discepoli il cuore della Scritture (Cristo morto e
risorto) - ha detto: "Nel suo nome saranno predicati a tutti la conversione e il perdono dei peccati".

2. C'è un annuncio da fare

Il verbo greco non ha di per sé significato di predicare, ma di annunciare, portare un annuncio.
E l'oggetto dell'annuncio è la conversione e la remissione dei peccati.
Anzitutto la possibilità della conversione: cioè annunciate che non è vero che non si può cambiare,
non è vero che non si possa cambiare se stessi, non è vero che non si possa cambiare il mondo.
Se siamo rivestiti dall'alto. E non è vero che non ci sia remissione dei peccati
e che si debba nella propria vita camminare curvi sotto l'incubo e il peso del peccato.
E' vero il contrario: che possiamo rialzare il capo e rimetterci in cammino,
con la gioia e la fiducia che vengono dal perdono.
L'annuncio è dire che Dio è sceso - e chi mai lo avrebbe immaginato, noi lo confiniamo nei cieli! -
non solo, ma ha messo a repentaglio la sua vita, ci ha amati "usque ad mortem",
sino all'estremo, l'estremo di una morte di croce, ma il Padre lo ha glorificato.
Ci ha aperto con le sue parole e i suoi gesti una via, che è salvezza, per noi e per questa terra.
Vuole la gioia, la gioia di tutti; il bene, il bene di tutti, che siano felici tutti. Questo l'annuncio!

3. Siamo tutti testimoni

Anche l'invito di Gesù, ad annunciare e ad essere testimoni, risuona oggi in contesti molto diversi
da quelli di qualche decennio fa. Oggi terre di missione sono tutte. Anche le nostre. “Tutti” siamo
chiamati ad essere discepoli missionari in "tutte" le situazioni con la sete di un annuncio buono.
Viviamo in una stagione in cui dell'annuncio, che è Gesù, si richia di perderne la memoria
nei nostri paesi, negli ambienti che frequentiamo, spesso nelle nostre stesse famiglie.
Il Vangelo avrà un futuro? Che peccato se non l'avesse, perché è per la salvezza, la felicità, il bene
di tutti. "I tempi stanno cambiando": affermava in una sua intervista un vescovo,
che, guardando il futuro, diceva: "La chiesa sarà riconsegnata ai cristiani.
Un giorno a parlare di Gesù non saranno i preti ma i papà, le mamme.
E questa non è una perdita ma un guadagno, quello di restituire la titolarità della fede cristiana
alla comunità. Tutti i battezzati sono responsabili del vangelo e della missione della chiesa".
In che modo oggi trasmettere l'annuncio?, risponde papa Francesco in 'Evangelii gaudium':
“La comunicazione della fede deve essere sempre rispettosa e gentile, cominciando dal dialogo
personale, in cui l'altra persona si esprime e condivide le sue gioie, le sue speranze,
le preoccupazioni per i suoi cari e tante cose che riempiono il suo cuore. Solo dopo è possibile
presentare la Parola, sia con la lettura di qualche passo della Scrittura o in modo narrativo,
ma sempre ricordando l'annuncio fondamentale: l'amore personale di Dio che si è fatto uomo,
ha dato se stesso per noi e, vivente, offre la sua salvezza e la sua amicizia”.
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